COSTRUZIONE DI UNA SFAGNERA PER ORCHIDEE E PIANTE CARNIVORE

di Marco Malacarne.

Pogonia ophioglossoides © Marco Malacarne

Breve premessa sulle torbiere.

Prima di iniziare a illustrare come realizzare una piccola “torbiera” in casa, illustrerò brevemente come si formano le torbiere in natura e quali sono le piante che le caratterizzano.

La torbiera è un’ambiente molto particolare che si forma solamente in presenza di molta acqua molto povera di nutrienti. Una torbiera comincia a formarsi quando sul fondo di uno specchio d’acqua si depositano materiali vegetali e animali che non vengono decomposti per via aerobica poiché l’ambiente è anossico ovvero molto povero di ossigeno.

Pectelis radiata Hishou © Marco Malacarne

Man mano che i detriti si accumulano lo specchio d’acqua si chiude; quando ciò avviene  la superficie della torbiera viene colonizzata da specie molto particolari adattate ad un’habitat privo di nutrienti e con un pH acido. Tra i primi colonizzatori si hanno i muschi del genere Sphagnum, comunemente conosciuto come sfagno, che crescono molto velocemente in un habitat privo di elementi nutritivi e contribuiscono ulteriormente ad aumentare l’acidità grazie alle loro secrezioni. Lo sfagno è in grado di crescere anche diversi centimetri l’anno, le parti più profonde pian piano si compattano e si aggiungono alla torba formata in precedenza. In alcuni casi lo sfagno forma anche giganteschi cuscini, spessi anche un metro, che galleggiano su uno specchio d’acqua.

Drosera rotundifolia © Marco Malacarne

Tipiche delle torbiere sono anche le piante carnivore, piante che hanno adattato le loro foglie per catturare gli insetti da cui trarre il nutrimento necessario per vivere.

Anche alcune orchidee si sono adattate perfettamente all’ambiente della torbiera, molte sono originare del Nord America, le più note sono Pogonia ophioglossoides, il Calopogon tuberosus, la Spiranthes cernua,  la Pelatantheria ciliaris. La comune e famosa Pecteilis radiata invece è originaria delle torbiere del Giappone così come l’Eleorchis japonica.

Come realizzare una sfagnera.

In questo articolo illustrerò come realizzare in piccolo una sfagnera da circa 1 m2 in cui coltivare con successo le orchidee sopra citate, alcune specie di sfagno e delle piante carnivore rustiche. Ho iniziato la realizzazione circa a gennaio 2020 per finire con la posa dell’ultimo sfagno circa agli inizi di marzo.

Materiali necessari:

  • 1 IBC (intermediate bulk container o cisternetta in plastica)
  • Sassi non calcarei del diametro di 3-20 cm
  • Zanzariera di plastica almeno 140 x 140 cm
  • Ghiaia di diametro 1-2 cm
  • Torba bionda lituana
  • Agriperlite
  • Sfagno vivo
  • Acqua da osmosi inversa
  • Rete anti uccello di materiale plastico

Realizzazione.

Prima di iniziare è necessario individuare un’area di circa 120 x 120 cm con buona esposizione al sole (anche diretto) per numerose ore, soprattutto in estate. La sfagnera va posizionata anche in un luogo abbastanza riparato dal vento e non eccessivamente caldo.

L’IBC tagliato © Marco Malacarne

Il contenitore è la cosa più difficile da reperire. Ho recuperato da un amico agricoltore un IBC da 1000 litri che ho tagliato all’altezza di circa 50 cm conservando la parte inferiore e scartando il resto del contenitore e della gabbia. Il contenitore così ricavato è stato lavato per bene prima con acqua potabile e poi con circa 10 litri di acqua da osmosi inversa (o piovana) per eliminare ogni residuo salino.

Il passo successivo è recuperare dei sassi di fiume di varie dimensioni, io ho recuperato sassi da 3 cm a 20 cm di diametro. Importantissimo è evitare di utilizzare rocce calcaree (composte da carbonato di calcio, CaCO3, con pH basico) che neutralizzerebbero l’acidità della torba rilasciando inoltre ioni calcio che ucciderebbero in poco lo sfagno. Per far ciò ho lavato i sassi raccolti con acqua di rete e li ho lasciati in una soluzione di acido cloridrico per circa 1 settimana alla temperatura di circa 15°C.

L’acido cloridrico è l’unico che funziona a dovere e bisogna utilizzare una soluzione abbastanza concentrata, l’acido muriatico del supermercato non diluito è perfetto. Durante tutte le operazioni che coinvolgono l’utilizzo dell’acido muriatico indossare guanti e occhiali protettivi. Lasciare i ciottoli a bagno nella soluzione acida per qualche minuto e poi eliminare quelli che hanno una forte effervescenza (sono composti di calcare puro). I sassi non scartati vanno tenuti lasciati nella soluzione acida per almeno una settimana rimescolandoli ogni tanto per eliminare ogni residuo di calcare. Lavare i ciottoli con abbondante acqua di rubinetto e porli poi in un secchio, aggiungere acqua da osmosi inversa fino a coprirli. L’acqua va cambiata dopo 3 giorni e l’operazione va eseguita almeno per altre 3 volte, sin quando la conducibilità della stessa non scende sotto i 50 µS/cm. In questo modo vengono rimossi tutti gli ioni solubili e i residui di acido assorbiti dalla roccia.

I sassi lavati come descritto sopra vanno messi nell’IBC tagliato fino a formare uno strato alto circa 20 cm.

Pietrisco non calcareo © Marco Malacarne

Sopra i sassi grossolani porre una zanzariera di materiale plastico di almeno 140×140 cm e tagliare il telo a misura con un taglierino ben affilato.

Sopra alla zanzariera bisogna mettere della ghiaia del diametro d 1-2cm trattata come indicato sopra per i sassi grossolani.

Zanzariera e ghiaia © Marco Malacarne

Nella foto si vede che nell’angolo in alto a sinistra ho lasciato uno spazio libero da sassi per un “laghetto” in cui rovesciare l’acqua per le bagnature. Non è necessario lasciare questo spazio, anzi io durante il periodo estivo l’ho riempito con torba per recuperare spazio ed evitare la proliferazione delle zanzare.

I sassi e la ghiaia formano degli spazi vuoti che verranno riempiti dall’acqua come nelle torbiere naturali, la zanzariera serve per non far cadere la torba tra i sassi grossolani e riempire gli spazi della riserva d’acqua.

Miscela di torba in sfagnera © Marco Malacarne

Preparare ora una miscela composta da 2 parti di torba bionda di ottima qualità; io ho utilizzato la torba lituana, quella in ballette gialle da 250 litri. Bagnare bene la torba con acqua da osmosi inversa; per circa 10 litri di torba servono 5 litri di acqua da osmosi. Mescolare bene i componenti fino ad ottenere una miscela omogenea. Disporre ora la miscela umida nell’IBC formando già collinette e avvallamenti. Alcune piante come le Sarracenia purpurea, leucophylla e lutea necessitano di una posizione sopraelevata rispetto al piano dell’acqua, mentre lo sfagno, le orchidee (ad eccezione della Spiranthes cernua), le Drosera e la Sarracenia psittacina necessitano di rimanere vicino al livello dell’acqua e andranno quindi collocate negli avvalementi. Aggiungere acqua da osmosi inversa alla torba fino a sommergere la parte più bassa della sfagnera.

Coprire ora il contenitore con un telo plastico e lasciar stabilizzare per una settimana, durante questo periodo la torba si idrata completamente e si assesta. Dopo qualche giorno l’acqua diventa di colore marrone scuro e il pH scende intorno a 4, la conducibilità invece sale intorno a 200-300 µS/cm, questo aumento non è causato dalla dissoluzione di Sali (se le pietre sono state lavate accuratamente) ma dalla dissoluzione degli acidi fulvici presenti nella torba.

Quando si maneggia lo sfagno vivo è bene sempre indossare guanti in nitrile poiché il muschio vivo ospita molto spesso il fungo “Sporothrix schenckii” che entra nel corpo umano attarverso le ferite sulle mani e causa l’infezione nota come Sporotricosi.

Messa a dimora di sfagno e piante © Marco Malacarne

Si può ora cominciare a mettere a dimora lo sfagno vivo, le orchidee e le piante carnivore. Come già scritto sopra le Sarracenia e le Spiranthes cernua andranno piantate nella parte più alta della sfagnera, evitare di mettere lo sfagno vivo in quest’area, le Spiranthes non tollerano molto bene specie di sfagno a rapida crescita. In questa zona si possono mettere a dimora anche alcune radici di Pogonia ophioglossoides, la Dionaea muscipula (anche lei tollera molto male lo sfagno a rapida crescita) e delle Drosera rotundifolia e o filiformis. Nella parte più bassa della sfagnera si posiziona lo sfagno vivo tra le cui fibre si piantano i cormi delle Pecteilis radiata, delle Eleorchis japonica, dei Calopogon tuberosus. Su alcune collinette si possono piantare anche i bulbi di Pelatantheria ciliaris.

Lo sfagno © Marco Malacarne

Lo sfagno vivo è spesso difficile da far attecchire se non si ha esperienza, dopo vari tentativi ho visto che il muschio appena acquistato va posizionato in un vaso stretto riempito per metà una miscela di torba e perlite. Gli “steli” dello sfagno vanno messi sul fondo del vaso e ricoperti con la torba, bisogna lasciare scoperte solo le teste in crescita. In questo modo si facilita la risalita per capillarità dell’acqua attraverso lo stelo dello sfagno. Inoltre è bene piantare tutte le teste vicine inoltre per evitare disseccamenti ho notato che è meglio riempire solo per metà dell’altezza il vaso. Il periodo migliore per avviare una cultura è l’autunno, durante il periodo invernale di semi-riposo il muschio si adatterà alle nuove condizioni e in primavera comincerà a crescere vigoroso. Quando lo sfagno ha riempito completamente il vaso è il momento per procedere al trapianto nella dimora definitiva.

Work in progress sfagnera © Marco Malacarne

Una volta posizionato lo sfagno vivo e le altre piante spruzzare abbondantemente tutta la superficie con acqua da osmosi inversa. Effettuare tutte le bagnature dall’alto avendo cura di bagnare bene tutto lo sfagno. Coprire la sfagnera con una rete antigrandine di materiale plastico per proteggere lo sfagno dai merli, questi uccelli ne vanno matti e lo utilizzano per la costruzione dei nidi oppure scavano al suo interno per cercare lombrichi o larve di insetti; in un’ora sono in grado di distruggere completamente una sfagnera ben avviata.

Habenaria Radiata in sfagnera © Marco Malacarne

Nel periodo estivo alcune teste di sfagno diventano bianche a causa della disidratazione causata dalle alte temperature, per evitare che il muschio muoia è necessario bagnare abbondantemente tutti i giorni sempre dall’alto avendo cura di inumidire tutto il muschio.

Durante la primavera e l’estate lo sfagno cresce abbondantemente colonizzando tutto lo spazio disponibile, in caso di specie a crescita molto vigorosa, contenere lo sviluppo del muschio in modo che non vada a colonizzare le aree in cui è indesiderato.

Vista della sfagnera © Marco Malacarne

In primavera cominciano ad emergere anche le foglie delle orchidee (nella foto sopra la più volte citata Pecteilis radiata) che fioriscono all’inizio dell’estate. Durante il periodo estivo le orchidee formano anche i nuovi cormi e si moltiplicano abbondantemente formando lunghi stoloni all’interno dello sfagno vivo.

Con il calare delle temperature le piante carnivore perdono le foglie e si ritirano negli ibernacoli, anche le orchidee terminano il ciclo di crescita perdendo le foglie. Solamente le Spiranthes cernua fioriscono nel mese di ottobre quando ormai tutte le altre piante sono in riposo.

Sfagnera ultimata! © Marco Malacarne

Le piante carnivore si moltiplicano molto velocemente attraverso i numerosi e impalpabili semi, le Pogonia formano lunghe radici stolonanti e le Spiranthes cernua si disseminano molto facilmente. Pecteilis radiata e Calopogon tuberosus invece nascono meno facilmente e germinano saltuariamente solo nello sfagno vivo, ma formano facilmente 2-3 cormi ad ogni stagione vegetativa.

Di seguito una galleria fotografica di alcune orchidee e piante carnivore cresciute in sfagnera.

A tutti un augurio di tante belle soddisfazioni nella coltivazione in sfagnera!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Copy Protected by Chetan's WP-Copyprotect.