CATASETINAE… QUELLO CHE IL WEB NON DICE.

Di seguito alcune considerazioni e consigli sulla coltivazione delle Catasetinae.

Questo articolo è consigliato a chi ha già un minimo di esperienza con queste piante, in quanto una rigida applicazione di quanto suggerito potrebbe portare a risultati infausti.

Ramo floreale di Fredclarkeara After Dark.

Molti appassionati rinunciano alla coltivazione delle Catasetinae principalmente per i seguenti motivi:

  1. alle nostre latitudini le tenere, grandi e carnose foglie  possono essere attaccate, soprattutto se il clima non è umido (dove per clima poco umido intendo un’umidità ambientale al di sotto del 50%), da molti parassiti quali la cocciniglia, afidi, acari etc.
  2. Le Catasetinae se ben coltivate, possono diventare enormi e poco ideali ad una coltivazione casalinga
  3. In dormienza sono completamente spoglie e poco piacevoli da vedere
  4. Se non si riesce a portarle a maturazione nella parte finale della loro stagionalità vegetativa, non si vedranno i fiori, quindi si deve allungare il periodo vegetativo sfasando così la pianta o, per i più coraggiosi, dovendo forzare la pianta alla stessa dormienza.

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COSTRUZIONE DI UNA SFAGNERA PER ORCHIDEE E PIANTE CARNIVORE

di Marco Malacarne.

Pogonia ophioglossoides © Marco Malacarne

Breve premessa sulle torbiere.

Prima di iniziare a illustrare come realizzare una piccola “torbiera” in casa, illustrerò brevemente come si formano le torbiere in natura e quali sono le piante che le caratterizzano.

La torbiera è un’ambiente molto particolare che si forma solamente in presenza di molta acqua molto povera di nutrienti. Una torbiera comincia a formarsi quando sul fondo di uno specchio d’acqua si depositano materiali vegetali e animali che non vengono decomposti per via aerobica poiché l’ambiente è anossico ovvero molto povero di ossigeno.

Pectelis radiata Hishou © Marco Malacarne

Man mano che i detriti si accumulano lo specchio d’acqua si chiude; quando ciò avviene  la superficie della torbiera viene colonizzata da specie molto particolari adattate ad un’habitat privo di nutrienti e con un pH acido. Tra i primi colonizzatori si hanno i muschi del genere Sphagnum, comunemente conosciuto come sfagno, che crescono molto velocemente in un habitat privo di elementi nutritivi e contribuiscono ulteriormente ad aumentare l’acidità grazie alle loro secrezioni. Lo sfagno è in grado di crescere anche diversi centimetri l’anno, le parti più profonde pian piano si compattano e si aggiungono alla torba formata in precedenza. In alcuni casi lo sfagno forma anche giganteschi cuscini, spessi anche un metro, che galleggiano su uno specchio d’acqua. Leggi tutto “COSTRUZIONE DI UNA SFAGNERA PER ORCHIDEE E PIANTE CARNIVORE”

LE ORCHIDEE E L’IMPIEGO DEI FERTILIZZANTI NATURALI.

Erano gli anni ’40 quando Alberto Rabagliati in “Mattinata fiorentina” cantava “E’ primavera, svegliatevi bambine” ! Mia madre, classe 1938, la cantava sempre … è solo ora che gli “ever green” non esistono più! 🙂

Da fertilizzante solido a liquido! Lo stallatico nelle orchidee.

Ma torniamo alle nostre “green orchids” !

Perché questo “remember” del passato?

Perché la primavera è iniziata e le orchidee si stanno “risvegliando”, riprendendo la loro intensa attività vegetativa con l’emissione di nuove foglie, nuovi getti e/o pseudobulbi.

In precedenza ho scritto un articolo sui fertilizzanti ”minerali”, ho dedicato un articolo al loro inventore Justus Von Liebig.

James Russell Lowell però diceva : Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione.

E’ giunta l’ora di parlare dei fertilizzanti che si trovano comunemente in natura e delle alternative per chi vive in città. Leggi tutto “LE ORCHIDEE E L’IMPIEGO DEI FERTILIZZANTI NATURALI.”

L’USO DELL’ACIDO SALICILICO NELLE ORCHIDEE

Un salice a Trento.

Sin dall’antichità sono conosciute le proprietà curative dell’acido salicilico, acido estratto e trasformato dalla pianta del salice da cui prende il nome.

Gli estratti di salicina, a partire dall’Ottocento, sono stati usati dall’uomo quali antinfiammatori, ottenendo poi successivamente numerosi derivati (salicilati) tra cui l’acido acetilsalicilico che tutti noi abbiamo usato e imparato a conoscere sotto il nome di “Aspirina”, uno dei farmaci più usati al mondo.

Molte sono le proprietà conosciute di questo acido (batteriostatiche, usato in dermatologia contro l’acne, nella cosmetologia più in generale etc.), ma di seguito vorrei condividere con voi la mia esperienza in campo “orchidofilo” trascurando le generiche affermazioni che si trovano in rete sull’uso dell’aspirina in campo botanico. Leggi tutto “L’USO DELL’ACIDO SALICILICO NELLE ORCHIDEE”

SPIRANTHES CERNUA

Spiranthes cernua

Di alcune terricole a fioritura primaverile abbiamo già scritto (i Cypripedium, le Bletille, le Calanthe) ma sino ad ora non abbiamo mai trattato di una orchidea terricola a fioritura estiva o autunnale : la Spiranthes cernua.

Non comune da vedere, in quanto la rosetta vegetativa assomiglia ad un’erbaccia e molti orchidofili non hanno il posto e le condizioni per coltivarla all’esterno.

Il termine Spiranthes deriva dal greco che descrive la bella forma dell’inflorescenza e cioè del classico “fiore a spira”.

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I CYMBIDIUM “CASCADE”

Due Cymbidium alla finestra!

Dei Cymbidium ha scritto Simone a suo tempo, con dovizia di particolari, in uno dei primi articoli comparsi su questo blog.

Nello stesso, Simone annoverava tra le “pecche” del classico Cymbidium a fiore grande (diffuso prevalentemente nelle zone fredde del continente asiatico, soprattutto nelle regioni elevate delle Cina e alle pendici dell’Himalaya, territori soggetti per lo più ai due monsoni, uno asciutto e secco e uno piovoso) le grandi dimensioni della pianta o per meglio dire l’ingombro della stessa che, una volta passata l’ammirazione per la fioritura, lascia posto alla demotivazione per l’ingombro e per la differente gestione nella coltivazione.

Oggi parleremo del cugino del Cymbidium descritto in premessa, il Cymbidium Cascade che è una pianta dall’aspetto simile al classico Cymbidium Indiano, ma con dimensioni più ridotte e adatte ai nostri appartamenti (di media è allocato in vasi di altezza di 20 cm e la parte fuori terra ha un’altezza di circa 40 cm), ha foglie molto più morbide, con degli pseudobulbi di dimensioni minori e inflorescenza a “cascata” invece che eretta e lunga come quella del comune Cymbidium. Leggi tutto “I CYMBIDIUM “CASCADE””

ONCIDIUM – ORCHIDEA BALLERINA O FARFALLA.

Generalità.

Oncidium

Gli Oncidium contano oltre 400 specie, possono essere definite sia orchidee terricole che epifite, provenienti per lo più dall’America Centrale e Meridionale, spaziando tra diversi e variegati habitat assimilabili alle nostre “serre” calde e a quelle “fredde” e cioè dalle calde temperature a livello del mare alle temperature fredde delle quote montane. Se proprio si dovesse identificare geograficamente il posto natio, sicuramente lo stesso è lungo tutta la cordigliera delle Ande (Perù, Colombia ed Ecuador) anche se ne troviamo in Messico, in Florida e in Brasile.

A seconda della forma del loro fiore sono chiamati anche orchidee “ballerine” o orchidee “ farfalla”.

Per questo è sempre meglio leggere e conservare l’eventuale cartellino con le indicazioni di coltura, che di solito si trova al momento dell’acquisto. Leggi tutto “ONCIDIUM – ORCHIDEA BALLERINA O FARFALLA.”

MILTONIA

Generalità.

Miltonia ibrida

Una delle orchidee più commercializzate, oltre le conosciutissime Phalaenopsis, è sicuramente la Miltonia. Potete trovare svariate ibridazioni in qualsiasi grande ipermercato.

Il più delle volte è confusa con la Miltoniopsis ed entrambe hanno fiori che ricordano le viole del pensiero anche se, osservandole bene, la differenza dei petali esiste.

Miltonia e Miltoniopsis … come distinguerle?

La Miltonia ha due foglie alla sommità dello pseudobulbo che sono distanziate e separate tra loro da un tratto di rizoma mentre la Miltoniopsis ha una sola foglia con pseudobulbi arrotondati, compressi lateralmente e raggruppati strettamente, di norma piatti . Leggi tutto “MILTONIA”

THECOPUS MAINGAYI

di Marco Malacarne.

Generalità

Thecopus maingayi © Marco Malacarne.

Il genere Thecopus comprende solo due specie molto simili tra loro: Thecopus maingayi e Thecopus secunda.

Thecopus maingayi è una pianta epifita di medie dimensioni a crescita simpodiale. Gli pseudobulbi sono alti 2-3 cm e larghi circa 1-1,5 cm e portano una singola foglia lunga 10-15 cm.

L’infiorescenza pendula, emessa dalla base dello pseudobulbo, porta fino a 10 fiori di colore verdi con maculature rosse o marroni più o meno evidenti. Il labello è bianco a volte maculato. I fiori, larghi circa 2-2,5 cm, durano circa 2 settimane e si aprono in rapida successione sullo stelo. Leggi tutto “THECOPUS MAINGAYI”

AFROPECTINARIELLA SUBULATA (ANGRAECUM SUBULATUM)

di Marco Malacarne.

Generalità

Afropectinariella subulata © Marco Malacarne.

Il genere Afropectinariella è stato istituito molto recentemente da Maurielle Simo-Droissart e Tariq Stevart e comprende 5 specie originarie dell’Africa occidentale una volta appartenenti alla sezione Pectinaria del genere Angraecum. Inizialmente l’ìntera sezione Pectinaria era stata separata dal genere Angraecum e descritta come Pectinariella, ma studi più approfonditi hanno portato alla separazione delle specie originarie dell’Africa occidentale, ora descritte come Afropectinariella, dalle specie originarie del Madagascar e dell’Africa orientale che sono state lasciate nel genere Pectinariella.

Come già detto il genere Afropectinariella comprende 5 specie con caratteristiche uniche come i fiori piccoli portati da steli molto corti inseriti lungo il lungo fusto pendente e molto ramificato che porta foglie persistenti strette e carnose addirittura appuntite verso l’apice. Leggi tutto “AFROPECTINARIELLA SUBULATA (ANGRAECUM SUBULATUM)”

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